Family life

L’altra sera parlavo con i miei ragazzi, Marco, (19) e Francesco (17), sdraiati sul divano con la tisana in mano indugiavamo ad andare a letto. Ci raccontavamo le nostre cose, quelle serie, quelle semiserie e quelle totalmente nonsense. Parlavamo dei momenti più incasinati della nostra vita e ognuno raccontava la sua.
Se penso a che vita facevo quando voi eravate piccoli mi viene l’orticaria! Non capisco come ho fatto a uscirne sana di mente! dico a un certo punto.
Definisci sana, sghignazza Francesco. Mi conscenta di obiettare, dice Marco alzando un sopracciglio.
Tornando con il pensiero a quei giorni vengo ancora travolta da un senso di fatica e di ansia terribile. Un senso di inadeguatezza. La sensazione di non riuscire a stare al passo con la mia vita. La mia vita che stava cambiando… e io che potevo solo inseguirla, sempre in affanno. Quando sei nel mezzo di questi momenti pensi di essere l’unica al mondo a sentirti così e che il mondo lì fuori non possa capire. Poi questi momenti passano e tutto riprende un equilibrio. E d’improvviso sono grandi. Marco ascolta ancora Caparezza, spesso cucina per tutti ma non mi fa trovare più la cucina come Caporetto. Francesco ormai studia da solo, ha spesso ancora mal di gola ma prepara la tisana col miele per tutti e tre.
Il mio pensiero, con il racconto che segue scritto e pubblicato nel 2012, va a quelle mamme che ancora sono nel Tunnel. Coraggio ragazze. Jelapotetefà.
“La sveglia del cellulare si riattiva. E viene puntualmente postposta di 5 min. Oggi non riesco neanche a sollevare la gamba dal letto per metterla sul pavimento. Dio mio, oggi proprio non ce la faccio, come faccio ad arrivare a fine giornata? Bambini forza è ora di alzarsi! Appoggiata con la fronte ai letti a castello accarezzo il piccolo che dorme sopra e contemporaneamente cerco di smuovere il grande che, come una balena spiaggiata, giace nel letto di sotto in una specie di coma farmacologico. Per favore ragazzi, riuscite a non farmi urlare stamattina??? Se mi viene l’infarto lo rimpiangerete per tutta la vita. Macchè… niente. Nemmeno il senso di colpa serve a smuovere la balena spiaggiata, 56 chili di sfaticataggine e ironia.
Macchinetta del caffè sul fuoco per me, latte nel microonde per il grande, acqua a scaldare per il the al limone del il piccolo. Colazione prontaaaaa!!! Urlo dalla cucina. Oddio devo comprare i biscotti… quanto latte ho??? Ce la faccio ancora per domani?? Franci spunta in cucina spettinato: Mamma mi fa male la gola, mi vedi se ho le placche? Dove ti fa male? Solo quando ingoi o sempre? Marco alzatiiiiiiiiii!!! Ehm,… quando ingoio… cioè veramente mi fa male anche quando non ingoio… mamma… non lo so…mi fa male e basta…ho le placche??? Perché ‘sto ragazzo è così angosciato dalle placche? Marco alzatiiiiiiiiiiiiii!!!! Francesco ecco il the, e mangia i biscotti. Non mi vanno. Devi mangiare qualcosa la mattina, il cervello ha bisogno di zucchero per cominciare a lavorare. Non mi va di mangiare, ho mal di gola! Il latte di Marco è diventato freddo. Marco alzatiiiiiiiiiiii!!! L’unica cosa che si alza è la mia pressione. Mi precipito come una furia in camera, tiro via con violenza il piumino alla balena spiaggiata lasciandola preda del freddo mattutino. Marco, porcadiquellamiserialadra, alzatiiiiiii!!!! E’ tardi, ti lascio qui, ti giuro che stamattina ti lascio qui!!! Niente. Non un suono. Solo la mia voce interiore che comincia come ogni mattina a ricordarmi che sarebbe stata una giornata faticosa. Franci hai lavato i denti? Sì. Zaino pronto? Sì mamma. Ok, non c’è tempo mi trucco in ufficio, non importa, andiamo.
Esco a fatica dalla porta con la borsa del calcio del piccolo su una spalle, sull’altra la borsa del mio computer e la spazzatura in mano. Marco ti aspettiamo giù, tiro fuori la macchina dal garage. Sbrigati a scendere perché ti lascio qui, mi hai capito??? Macchina pronta, accesa in attesa di Marco, che non scende. Francesco freme, ha paura che io ingrani la prima e lasci davvero lì la balena. Mamma devo tornare su, scusami…, DEVI TORNARE SU???? Ma stai scherzando!!! Sono le 8 e 20! Ho dimenticato il flauto, oggi ho rientro di musica. Ma porcadiquellastragrandissima… quante volte vi ho detto che dovete prepararvi TUTTO la sera prima davanti alla porta? Marco non scende ancora, si sta dando gli ultimi ritocchi di gel strafregandosene dell’ora tarda. Finalmente scendono entrambi. E’ TARDI ARIPORCADIQUELLASTRAGRANDISSIMA…!!!!!! Gesticolo in macchina, faccio la solita ramanzina a tutti e due. Basta! Non avete rispetto per nessuno, ogni mattina la stessa storia, perché devo farmi venire l’ulcera per voi?? Eppoi sia chiaro, la giustificazione non ve la firmo, capito bene? Bambini depositati a scuola, lanciati quasi in corsa fuori dal finestrino come Starsky & Hutch.
Arrivo in ufficio. Il terzo caffè del mattina non aiuterà certo a far scendere quella pressione che è ancora a livelli stellari. Mi ha preparato quel budget? Sì dottore, è pronto. Lo ha fatto cumulativo per caso? Si, dottore, cumulativo. No, ecco, mi servirebbe splittato. Sbianco. Mò je serve splittato! Dirmelo prima no, eh? Bene dottore, mi ci metto subito. Ce la fa per l’una vero? Ce la devo fare per forza, faccia da simpaticone, visto che alle due esco. Non ricordi? Sono portatrice sana di part-time! Nel clue dell’impostazione della formula excel per splittare ‘sto dannato budget, un lampo improvviso mi trapassa la mente, la voce di Francesco riecheggia ormai lontana rimbalzandomi da una sponda all’altra del cervello: ho dimenticato il flauto, …auto, …auto, …auto, oggi ho rientro, …entro, …entro, …entro. Minchia!!! Il panino per Franci! Oggi ha rientro!! Come ho potuto dimenticare? L’Alzheimer comincia così, ne sono sicura. Due in punto. Ecco il budget. Ci vediamo domani.
A casa Marco si è fatto la pasta, in cucina sembra essere scoppiata una bomba, una mensa militare dove si è preparato per 400 persone. Macchie di sugo, spaghetti attaccati sul muro, piatti sporchi ancora sul tavolo. Ne ha mangiati 150 grammi. Mamma io ho ancora fame! Ma non è possibile! Quanto mangia un ragazzo di 13 anni?? Non posso dargli solo la pasta però! Aiuto, mi sento in affanno, non ho uno straccio di verdura in frigo, se si ammalano di qualche malattia metabolica non me lo perdonerò mai. Marco, per favore, mangia una banana e vai subito a studiare. Non ho da fare molto. Come al solito! Credo tu sia l’unico della tua classe che non ha mai da fare molto! Marco si mette le cuffie che sputano Caparezza a tutto volume e si chiude in camera. Perché non riesco a comunicare con questo figlio? Perché non sono in grado di trovare la chiave del suo cuore? Un po’ di sano senso di colpa fa sempre bene. Francesco entra in casa affamato. Non avevo il panino, mi dice. Io mi sento di schifo. Gli do la merenda facendo l’ennesimo mea culpa in silenzio. Ho da studiare un botto di cose per domani, dice a bocca piena, masticando la banana. Ok amore, non preoccuparti vedrai ce la faremo. Ho da fare Epica, il proemio dell’Iliade, riassunto scritto di una favola del Magreb lunga tre pagine piena di animali assurdi e mai sentiti, nove esercizi di spagnolo, nove? Ma questa è pazza! Due espressioni, un problema e sei esercizi sulle potenze. Io sbianco. A malapena so che potenza è una città del Sud. Marco esce dal suo carapace sempre con le cuffie infilate nelle orecchie, inamovibili come la spada nella roccia. Mamma ho fame, dice mentre muove la bocca seguendo la canzone demenziale che gli trapana il timpano. Io vedo muovere quelle labbra in modo non congruo al suono che sento. Questo figlio mi preoccupa. Posso mangiare una barretta? E mangia una barretta…però una sola per favore e non sbriciolare. Marco esce dalla cucina con due barrette e un bicchiere di ghiaccio tritato con cannuccia. Ho caldo, dice. Io guardo fuori. Sono le quattro del pomeriggio ed è già quasi buio, è novembre e fa 2 gradi… come fa ad avere caldo? Francesco si scuote dal torpore innescato dalla favola del Magreb. Mamma ho da fare anche la Unit 1 e 2 di inglese, domani c’è verifica… Io arisbianco. E quando me lo dici? Franci spunta sul diario i compiti che via via andiamo concludendo. Intanto io carico la lavatrice e la avvio. Vado a fumare in cucina ripetendo il Pelìde Achille ad alta voce per seguire Francesco. Guardo l’ora, forse ce la faccio ad andare in palestra alle sette. Marco esce un’altra volta dal bunker: Mamma devo fare una ricerca, funziona la stampante? Certo. Hai comprato la cartuccia nera? Ehm… veramente l’ho dimenticata… Sono mortificata, sono 15 giorni che devo comprare la cartuccia. L’Alzheimer comincia così mamma, dice lui dandomi la schiena e tornando nel suo carapace. Le sei e mezza. Francesco devi stare attento, se c’è un soggetto singolare non puoi mettere un verbo plurale, no? Che vuol dire WHO? Chi. E WHERE? Dove. E HOW? Come. Come…esatto! COME pensi di prendere la sufficienza alla verifica d’inglese Franci? Ripetiamo i verbi. Le sette. La palestra è saltata anche stavolta. Dico io, abbiamo scoperto l’Antimateria, il Protino e l’acqua su Marte, perché non riusciamo a trovare qualcosa che sconfigga l’atonia muscolare senza la palestra? Mi andava proprio di fare spinning oggi, vabbè ci vado domani. Tanto so che non ci andrò neanche domani. Franci vieni un cucina con me, ripeti a voce alta il proemio mentre preparo la cena. La lavatrice bippa avvertendomi che almeno lei ha finito. Marco mi puoi stendere per favore? Marco esce dal carapace: volentieri, dice, un pugno va bene? Nascondo il viso tra le mani ridendo. E’ sfaticato ma sa come tirarmi su. Francesco ripete Generose Travolse Alme d’Eroi mentre si prepara lo zaino per il giorno dopo e poi chiederà al fratello grande di aiutarlo ad apparecchiare. Tra poco la cena. E dopo finalmente un po’ di TELE tutti insieme e poi a letto. Leggo qualche pagine di CARGO di Jorge Simenon prima di spegnere la luce. Mio Dio, quando finirò questo libro proverò un vuoto incolmabile… buonanotte.
Guardo il soffitto. La sveglia non suona più da parecchi anni ma mi sveglio presto lo stesso, chissà, sarà l’età. Peccato, ora che sono in pensione potrei rifarmi di tutto di quel sonno perduto, e invece… Sospiro. Tra un po’ mi alzo. Potrei andare a fare Pilates oggi… sì…potrei…ma non so se mi andrà. Vedremo. Torno a guardare il soffitto. Che bel sogno che ho fatto stanotte! Era da un sacco di tempo che non facevo un sogno così. Più che un sogno un ricordo… che belli che erano i ragazzi quando erano piccoli, così piccoli e ancora e così presenti. Ora sono entrambi in viaggio verso la loro vita. Quanto mi mancano. Quanto sono fiera di loro. A volte tornano loro, a volte vado io da loro. Mi piace prendere l’aereo, mi è sempre piaciuto. Non ci sono ma sono sempre qui con me. E io sono ancora piena di loro. Di quei pomeriggi in cui mi sentivo prigioniera del loro studio e dei loro impegni, in cui ero completamente dedicata a loro. Ora, il ricordo sembra così bello e dolce. Un ricordo nitido e perfetto, minuto dopo minuto. E’ stata dura sì, sorrido tra me e me, ma comunque non mi è venuto l’Alzheimer. Prendo il telefono per comporre il numero di Francesco e fargli gli auguri. Oggi è il suo compleanno.
Racconto pubblicato in “Volevo fare la casalinga…e invece sono una donna in carriera”, a cura di Chiara Santoianni (Albus, 2012)