Campo lungo su una Ford Fiesta del 1981 che arriva con una lentezza esasperante nel parcheggio di un supermercato. Dal posto del passeggero esce una donna sulla cinquantina, attiva, veloce, presente a se stessa… o almeno così crede lei. Dal posto del conducente esce un anziano di 90 anni, lucido e contento di aver finalmente rimesso in moto la sua auto d’epoca, così non gli si scarica la batteria.
Entrano nel supermercato. Mentre il vecchietto si guarda intorno pensando a come è cambiato ‘sto supermercato, la donna ha già trovato in borsa il gettone, scardinato il carrello dalla catena di carrelli sempre incastrati tra loro, scelto l’acqua a basso contenuto di sodio, la fetta biscottata integrale, lo zucchero di canna e veleggia verso il reparto surgelati. Lui sorride contento e cammina lentamente tra gli scaffali, volgendo la testa a destra e a sinistra, soffermandosi meditabondo sul barattolo di pelati o cercando di mettere meglio a fuoco una particolare scritta sulla confezione di tè, quasi fosse in visita ad una pinacoteca. Lei butta furiosamente e quasi compulsivamente articoli nel carrello spostandosi freneticamente da una parte all’altra, mentre lui legge (senza occhiali) gli ingredienti anche della carta igienica. Respira a pieni polmoni, si guarda intorno compiaciuto pensando a che bello è ‘sto supermercato, a quanto sò cambiati i tempi, a quanto è brutto er ricordo daa fame, daa guerra, daa povertà.
Dai, papàààà, muoviti! Si spazientisce lei. Ecco…ecco…arivo. Risponde lui.
Lei passa gli articoli sul nastro della cassa come Chaplin in Tempi Moderni, senza guardare, senza pensare, son il solo obiettivo di far presto, di risparmiare tempo, di uscire da lì.
Lui sorride alla cassiera. Lei imbusta furiosamente con lo sguardo fisso, e pure un po’ ingrugnato, sui sacchetti.
Lui raccoglie pazientemente il resto. Lei si precipita fuori dalle porte a vetro scorrevoli con le buste in entrambe le mani. E’ fuori. Ce l’ha fatta! E’ riuscita a battere il suo record personale di “spesa-al-supermercato-in-ora-di-punta” abbassandolo di qualche centesimo di secondo. E’ fiera della sua performance in questa disciplina olimpionica, conosciuta solo alle donne stressate.
Attende suo padre. Che non esce. Dritta in piedi, spalle alle porte, attende ancora qualche secondo. E lui non esce. Si gira spazientita. Lui è ancora alla cassa. Sorridente, rallentato, sereno.
E con una meticolosità data dall’esperienza di tantissimi anni, con una lentezza data dal fatto che lo attende solo una casa deserta, con un coinvolgimento dato dal solo piacere di essere ancora vivo, conta gli spiccetti, ad uno ad uno li guarda e li infila con grazia e misteriosa soddisfazione nel borsellino consumato.
E lei apre gli occhi. Lo guarda e sorride. E capisce che suo padre gli sta regalando una lezione ZEN. Ha ragione lui, pensa… che fretta c’è? Per arrivare prima dove? Forse è proprio per questa sua lentezza che lui è arrivato a 90 anni. Allora anche lei sorride e il suo viso si distende e si illumina di tenerezza. Mette giù le buste e lo aspetta, senza più mettergli fretta, nutrendosi di quella figura sorridente, rallentata, serena.
Massimo Recalcati parla dell’Amore come un far dono delle cose che NON si hanno. Donare ciò che si ha è beneficienza. Donare ciò che non si ha è amore.
Donare il tempo. Che non abbiamo mai e che dovremmo trovare. Per amore.
Ieri, al supermercato, ho assistito ad un atto d’amore di una figlia verso suo padre.
Post meraviglioso.
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