Ogni “sistema” ha le sue regole esplicite e implicite. Qualsiasi “comunità” può essere definita Sistema, la scuola, la famiglia, il nostro condominio o l’azienda per cui lavoriamo, piccola o grande che sia. Premesso che le regole fanno bene perché ci aiutano a vivere in un ambiente più ordinato, rispettoso e spesso più motivante, va detto che a volte il terreno si fa piuttosto scivoloso.
Le regole esplicite sono chiare, non soggette a punti di vista, e vanno rispettate anche se non ci piacciono, altrimenti andiamo incontro a sanzioni previste da regolamento, tipo:
in azienda se timbriamo prima dell’orario di uscita dobbiamo recuperare entro il mese – sennò ci tolgono i soldi,
a scuola non si fuma in classe – sennò viene messa una nota sul registro
in famiglia non si lasciano le scarpe all’ingresso come fa mio figlio grande – altrimenti te le lancio in testa.
Ora però, siccome a furia di lanciare scarpe mi è venuta l’epicondilite, ho provato a fargli capire che questa è una regola esplicita e che VA RIS-PE-TTA-TA! Lui alla fine ha capito e non ha obiettato. Ha cominciato quindi a mettere in discussione il concetto stesso di Ingresso. “Questo non è l’ingresso,” mi ha detto, “io lo vedo come l’estensione di camera mia. E questo non fa di me un figlio peggiore!” E niente… non posso vincere… ma ho imparato ad apprezzare la sua determinazione.
Le regole implicite invece sono più insidiose perché non dichiarate ma assolutamente ferree come le esplicite:
in azienda è altamente raccomandabile non mandare platealmente al diavolo il tuo superiore – sennò ti ritrovi con la mansione di Spostarotolidicartaigienica nel giro di poco;
a scuola è consigliabile non fare assenze strategiche quando ci sono le interrogazioni programmate – altrimenti potresti incappare nella lapidazione in cortile da parte dei compagni;
in famiglia è buona regola portare ogni tanto il caffè a letto alla mamma – altrimenti… niente. Non succede assolutamente niente. La mamma continua a portarlo a te fino a che campa.
Le regole implicite sono infide perché se le infrangiamo le ritorsioni sono spesso di tipo morale-emotivo. Una mia amica una volta ha osato volare alto. Per il suo cambio look ha optato per i capelli rosa antico, molto romantico e un po’ Platinette. Certo, era un po’ appariscente ma le stavano benissimo. Sfortunatamente, il metro di valutazione dei suoi superiori per misurare il livello di serietà, rispettabilità, affidabilità e produttività delle proprie risorse era proprio il colore dei capelli. Mi hanno detto che non è consono all’ambiente aziendale, mi ha raccontato tirando su col naso. Ma dove lavori, volevo risponderle, in un obitorio? Invece sono stata zitta e ho sospirato abbracciandola. E dopo qualche lacrima di rabbia versata cercando di rimettere insieme gli innumerevoli frammenti del suo ego sparsi dappertutto, la mia amica ha preso un secondo appuntamento dal parrucchiere per tornare di un bel tristemogano.
Ovviamente non poteva fare altro. A meno che non avesse segretamente ambito al posto di Spostarotolidicartaigienica.
I have a dream. Sarebbe bello se le regole implicite fosse meno idiote. Sarebbe bellissimo se la cecità, l’ottusità, la rigidità applicata a cose assolutamente inutili, la ristrettezza mentale, la formalità sterile e la prevaricazione emotiva abbandonassero per sempre il nostro posto di lavoro. O la nostra famiglia. O anche la scuola.
Bisogna continuare a sperare. Bisogna continuare ad osare. Bisogna provare a cambiare, iniziando dalle piccole cose. Bisogna cominciare a “voltear la mesa” come dice Martha Medeiros (e non Neruda) in “Lentamente Muore”.
A poco a poco, con determinazione e buon senso, si può arrivare a cambiare le regole, almeno quelle idiote.
Adesso la mattina quando esco, urlo garrula ai ragazzi “Boys, la spazzatura è all’ingresso, portatela giù!” e deposito il sacchetto maleodorante in camera del Grande con un dolcissimo sorriso. Lui si sente rispettato e io mi sto liberando da questa maledetta epicondilite.